lunedì 5 ottobre 2015

Pietro Andrea Matthioli


Vita
Nato a Siena nel 1501 da padre medico, visse la sua fanciullezza a Venezia e studiò a Padova materie umanistiche, ma si laureò in medicina nel 1523. Proseguì gli studi a Perugia e Roma e in seguito si trasferì a Trento dove divenne medico del vescovo-principe Bernardo Cles, ma anche botanico del suo vasto giardino. Il suo primo libro, sulla sifilide, Morbi Gallici Novum ac Utilissimum Opusculum risale al 1533 e a questo periodo data anche l'inizio del suo lavoro su Dioscoride. Visse anche a Napoli al seguito del vescovo,  e poi a Cles in Val di Non e a Gorizia dove esercitò la professione di medico. Nel 1544 pubblicò a Venezia la prima edizione della sua opera principale Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo Libri cinque Della historia, et materia medicinale tradotti in lingua volgare italiana da M. Pietro Andrea Matthiolo Sanese Medico, con amplissimi discorsi, et comenti, et dottissime annotationi, et censure del medesimo interprete, comunemente detta I discorsi di Matthioli su Dioscoride. I Discorsi, sia nella loro veste italiana che in quella latina, ebbero enorme successo e vennero ristampati e tradotti in varie lingue fra cui francese, ceco, tedesco.
 Nel 1555 grazie al successo della sua opera, Matthioli venne chiamato a Praga da Ferdinando I d'Asburgo come medico del suo secondogenito. Negli anni trascorsi alla corte imperiale lavorò ad altre opere mediche e botaniche, e affrontò gli scontri a colpi di critiche pubblicate dal medico di papa Giulio III, Amato Lusitano, e del botanico prussiano Melchior Giulandino che gli contestava l'identificazione di alcune piante citate nell'antichità.
Nel 1571 si ritirò a vita privata a Innsbruck e Trento dove morì di peste nel 1578.
Durante la sua vita fu in contatto con Erasmo da Rotterdam e molti altri intellettuali del suo tempo, ed approfondì con passione anche lo studio della cartografia oltre alla botanica e alla medicina.

L'opera
La prima edizione dei Discorsi, quella del 1544,  constava di V libri, costituti da capitoli intitolati alle singole piante in ordine non alfabetico e senza illustrazione; per ogni capitolo alla traduzione del testo di Dioscoride seguivano le estese considerazioni di Matthioli riguardo a quale pianta  fosse da identificare col nome greco, gli usi popolari e medici del suo tempo e molte altre e varie informazioni.
Il testo vero e proprio era introdotto da una dedica con delineati gli intenti del testo e alcune considerazioni sullo studio delle piante.
Nel 1548 esce la seconda edizione italiana, questa volta corredata da immagini e con l'aggiunta di un VI libro sugli antidoti, da alcuni considerato apocrifo. L'anno successivo esce la prima di una serie di edizioni non approvate dall'autore.
Al 1550 data la terza edizione ufficiale alla quale sono stati aggiunti gli indici delle piante trattate, delle cure per varie parti del corpo, per particolari malattie o disagi, per i diversi veleni, dei rimedi cosmetici, di purghe e vomitivi; un vocabolario dei termini medici; gli equivalenti correnti di pesi e misure citati da Dioscoride; un elenco delle parti vegetali, animali e minerali utilizzate.
Negli anni a seguire si susseguono svariate edizioni, quella del 1568 vede l'aggiunta di figure più grandi e chiare disegnate da Giorgio Liberale e un saggio sulla distillazione delle acque aromatiche. L'ultima versione uscita durante la vita di Matthioli potrebbe essere quella del 1573, ma se ne succederanno varie altre fino al XVIII secolo, così come le traduzioni in francese, ceco e tedesco.

Purtroppo non sono ancora riuscita a capire di quale manoscritto o famiglia di manoscritti di Dioscoride sia servito Matthioli per la sua traduzione del De materia medica.
Al di là di ciò l'opera di Matthioli è sicuramente molto più di una semplice traduzione vista l'enorme mole di notizie forniteci per ogni erba o sostanza presente in Dioscoride, ma anche per nuove specie e materie provenienti dall'Oriente, dalle Americhe od anche appartenenti alla nostra flora spontanea. Inoltre oltre alle nozioni strettamente mediche e botaniche, introduce molti aneddoti ed usi popolari dei semplici, e questo rende i Discorsi un prezioso documento di etnobotanica, oltra a darci la possibilità di dare una sguardo alla vita quotidiana delle campagne italiane del '500.
Riflessioni
Matthioli scrive che per i Greci la medicina veniva dagli Dei, dal centauro Chirone, da Apollo e dal figlio Asclepio, a queste credenze lui sostituisce quella secondo cui essa è stata instillata all'uomo da Dio al momento della creazione, quando ha soffiato il suo respiro in Adamo e gli ha dato potestà su tutte le cose della Terra, come è raccontato nella Genesi. Come un padre pietoso avrebbe fatto questo dono all'uomo, in previsione dei mali che l'avrebbero afflitto dopo la cacciata dal Paradiso.
Dunque vediamo come cambino i nomi e le forme ma la sostanza resti immutata: è sempre un'entità divina a fare dono della conoscenza dei semplici e della possibilità di risanare agli esseri umani.
Matthioli si concentra poi su alcuni conoscitori delle erbe del mondo antico, citando illustri re come Gentio d'Illiria che ha dato il nome alla Genziana, studiosi della romanità come Catone e Plinio, ma anche poeti come Orfeo, Esiodo, Omero e Alceo, i quali grazie alla loro arte hanno eternizzato queste conoscenze. Continua citando le donne conoscitrici dei farmaci quali Circe, Medea, Elena e Artemisia, la cui conoscenza rimane nei nomi di alcune piante a loro dedicate, e rileva come persino gli animali abbiano un elementare conoscenza delle erbe poiché se ne nutrono per risanarsi in certi casi.
Fa poi una considerazione particolare: dice che le piante stesse hanno "religione", poichè alcune, come l'Eliotropio e la Cicoria, si volgono verso il sole, principio divino della conoscenza e che dunque è vero che hanno un'anima, come già sostenevano gli antichi, anche perché si nutrono e riproducono così come fanno gli animali e gli esseri umani.
Questa concezione delle piante dotate di un'anima, e dunque non così lontane dall'essere umano, ignorata dai più ai giorni nostri, mi sembra invece un'utile strumento per cercare di avvicinarsi al mondo verde e alle erbe che curano con una consapevolezza ed una sensibilità più sottile ed aperta, che potrebbe dare risultati insospettati.
Dice poi che Dio pose l'uomo non in case o palazzi, ma in un giardino, il Paradiso appunto (dal greco paradeisos "giardino"), poiché egli trae diletto da un tale ambiente, ed anche questa mi sembra una considerazione attualissima guardando le nostre città dalle quali la Natura è stata costretta a ritirarsi. E forse, proprio a questa condizione sono dovuti determinati malesseri che affliggono l'uomo moderno.
Propone poi tutta una serie di esempi di erbe "maravigliose", ovvero magiche, sia citate dagli antichi sia dai moderni, e dice che pur essendoci persone che non credono ai loro poteri, ciò non significa che non siano veri, ma solo che ci sono cose insite nella Natura che all'uomo non è dato conoscere con l'intelletto. (Questa me la segno per le mie prossime discussioni a riguardo).
Rileva il fatto che "non si trova luogo veruno, che non habbi qualche parte di Medicina", e credo che ciò abbia colpito almeno una volta chiunque s'interessi di erbe: persino la Parietaria cresciuta in una crepa dell'asfalto, o la Cimbalaria spuntata fra le pietre di un muro, hanno la "nobiltà" e l'utilità delle più note medicine, e potrebbe in qualche modo corrispondere a verità il fatto che in ogni posto si trovano le erbe utili a curare le malattie del luogo.
Un'altro punto che mi ha colpito è dove si dice che non bisogna tenere per sé i segreti delle erbe, poiché non ci appartengono, e non trasmettendoli faremmo danno ai posteri e condanneremmo al'oblio qualcosa di prezioso.
Notiamo in fine, che Matthioli scrive nel '500, uno dei secoli più funesti della caccia alle streghe, e che nel suo libro, cita alcune erbe da loro usate, o casi di presunti incantamenti. E forse non è un caso che la sua opera dati proprio al periodo durante il quale medici ed ecclesiastici miravano ad avere l'esclusivo controllo delle cure, eliminando centinaia di levatrici, herbane, erboriste che forse da millenni si tramandavano un sapere antichissimo ed alternativo.


Immagini
Immagine 1: Pietro Andrea Matthioli in una stampa del 1572 di Philippe Galle con versi di Arias Montano
Immagine 2: Frontespizo dell'edizione non autorizzata dall'autore del 1549
Immagine 3: Fragaria dell'edizione del 1568, colorata a mano

Utilità
Qui riproduzione digitalizzata dell'edizione dei Discorsi del 1563
Qui riproduzione digitalizzata dell'edizione dei Discorsi del 1573
Qui riproduzione digitalizzata dell'edizione dei Discorsi del 1585
Qui si possono trovare altre opere di Matthioli in latino e la versione in latino dei Discorsi.

Fonti
Bibliografia dei Discorsi di Pietro Andrea Mattioli di Renzo Console
Treccani -Pietro Andrea Mattioli di Cesare Preti

Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.

Vedi anche:
Storia dell'Achillea
Storia della Calendula
Storia della Violetta
Dioscoride

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