domenica 28 febbraio 2016

L'Ulivo in Liguria



Storia dell'Ulivo in Liguria
L'ulivo si diffuse in Liguria probabilmente dalla colonia fenicia di Massaglia, oggi Marsiglia nel sud-est della Francia, fondata nel 600 a. C. da coloni greci, ma già prima porto frequentato dai Fenici che potrebbero aver introdotto l'Ulivo su queste spiagge. Inoltre, già prima dell'espansione dei Romani, gli Etruschi conoscevano l'olivicoltura e potrebbero aver influenzato il suo sviluppo anche in questa regione. Con la conquista, per niente pacifica delle genti Liguri ad opera dei Romani, si assiste ad uno sviluppo consistente dell'olivicoltura, i cui prodotti venivano commerciati e redistribuiti in tutti gli angoli dell'Impero.
A Varignano nel parco naturale di Portovenere in località Le Grazie, sono stati trovati i resti di una villa romana (abitata fra il II sec. a. C. ed il V-VI d. C.) composta dall'abitazione del padrone e da vari altri ambienti per i lavori agricoli assegnati tradizionalmente al fattore, il quale doveva occuparsi  del funzionamento e dell'efficenza del fondo agricolo; le due unità sono separate da un cortile dove si trovava una macina. La struttura si colloca sul fondo di una piccola valle ancora oggi ricca d'Ulivi, ed aveva anche una banchina che dava accesso al mare. In questo luogo è venuto alla luce il più antico frantoio della Liguria (II-I sec. a. C:), qui le olive raccolte sul fundus la cui estensione è stata ipotizzata di almeno 30 h, venivano lavorate con la mola olearia (macina che separava la polpa dai noccioli) e spremute dai due torchi presenti in loco, il ricavato veniva lasciato a decantare in vasche impermeabili ed in seguito messo nei dolia (grandi contenitori di terra cotta) e conservato nella cella olearia (magazzino dell'olio).
Strabone, a cavallo fra il I sec. a. C. e il I sec. d. C. parla della Liguria come uno dei centri oleari d'Italia; questa situazione permase fino alla tarda antichità e alla caduta dell'Impero. Con il ritorno ad un agricoltura di sussistenza tipica dell'alto Medioevo, ci fu un calo drastico della domanda come dell'offerta d'olio, sicché molti uliveti vennero abbandonati, ma è proprio in questo periodo, e precisamente nel VII, che i Benedettini introdussero la Taggiasca nell'imperiese. Si assiste ad una ripresa nel XII-XIV sec.anche ad opera delle comunità monastiche che riorganizzarono le tenute agricole e contribuirono a mantenere e diffondere pratiche di coltivazione e conservazione; tuttavia in questo periodo la maggior parte dei terreni agricoli sono riservati alla coltivazione di cereali, vite e frutta (in particolare fichi). Seguì la Piccola Era Glaciale che interessò tutta l'Europa e portò ad una diminuzione generale delle temperature, ed essendo l'Ulivo particolarmente sensibile al freddo, si ebbe una contrazione dell'areale di diffusione, ma questo portò ad uno sviluppo dell'olivicoltura in Liguria, dove il clima era meno gelido che altrove, per soddisfare il vuoto di produzione creatosi.
Con il consolidarsi della Repubblica Marinara di Genova l'olio ligure conobbe una nuova stagione di celebrità, essendo ampiamente prodotto ed esportato anche in altri paesi europei. Tuttavia in Liguria, l'olivicoltura rimase secondaria alla coltivazione della vite e del castagno. Il XVII secolo è il periodo di massima espansione della coltivazione dell'Ulivo nella regione: in questo periodo l'olio ligure veniva esportato nella pianura padana ma anche nel Nord Europa e i documenti del tempo, citano alcune delle cultivar ancora oggi maggioritarie nel territorio. Il culmine si ha nell'800, per subire poi un certo progressivo abbandono nel secolo successivo, anche se si aprono nuove frontiere di commercio a causa degli emigranti italiani in America.
E' interessante sapere che fino alle soglie del '900 la luce della Lanterna di Genova, fu alimentata con olio d'oliva.
Oggi nonostante l'abbandono avvenuto nel dopo guerra, si possono notare segnali di rinnovato interesse per questa preziosa coltura della nostra terra.

L'abitudine di stendere delle reti sotto agli alberi per raccogliere i frutti è moderna, un tempo le olive cadute venivano raccolte a mano, spesso dalle donne, anche provenienti dal Piemonte o da zone della Liguria in cui non c'erano lavori agricoli invernali, come ad esempio a Sassello, le cui lavoranti erano dette Sasselline. L'olio di minore qualità veniva inviato a Savona o a Marsiglia perché se ne producesse sapone, ed anzi secondo un'etimologia popolare il nome della città di ponente sarebbe dovuta proprio all'invenzione del sapone.
In Liguria, tranne che nelle poche zone pianeggianti, gli Ulivi sono tradizionalmente coltivati sulle fasce a secco, dunque oltre a fornire un prodotto notevole, la salvaguardia degli uliveti limita l'erosione ed i dissesti idrici, mantiene vive zone a vocazione agricola altrimenti morte, preserva la coltivabilità dei pendii (infatti i muretti a secco richiedono manutenzione nel corso degli anni, se non curati alla lunga franano). E' dunque un tratto caratteristico della regione; mentre in altri luoghi negli oliveti si coltivavano anche vigne e orticole, in Liguria quest'usanza era limitata, dunque si riscontra una maggiore densità di alberi. L'olio della Riviera Ligure ha ricevuto la Denominazione di Origine Protetta dal 1997. Oggi la maggior parte degli uliveti si trovano nella provincia di Imperia, con prevalenza della cultivar Taggiasca, ma ce ne sono in tutta la regione ed occupano il 40% della superficie coltivabile.
Spesso si trovano alberi con un altezza notevole e piuttosto vecchi. In Italia la tutela degli Ulivi non aventi carattere di monumentalità è regolata dalla legge 14 febbraio 1951, n. 144, modificazione del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475, concernente il divieto di abbattimento di alberi di Ulivo. In Liguria è anche in vigore la legge regionale 15 dicembre 1993, n. 60.
Le principali cultivar d'Ulivo in Liguria
Per scrivere questa parte mi sono avvalsa oltre che dei libri, delle informazioni trasmessemi da alcuni signori al Frantoio C.A.T.I Soc. Coop. di Quiliano (SV) mentre aspettavamo che le nostre olive fossero frante, e da uno dei fratelli Gallo del Vivaio di Stella S. Giovanni (SV). Chiaramente, quando si parla di varietà, ognuno ha la sua opinione e la sua esperienza, io ho cercato di integrare tutte le fonti in maniera da avere un quadro generale il più chiaro possibile, ma credo che più o meno ogni proprietario di oliveti della Liguria abbia una sua versione, sicché prendete quanto segue per una bozza piuttosto generica.
 
Taggiasca: tipica dell'imperiese ma diffusa in tutta la regione. E' caratterizzata da chioma ampia con rami allungati e penduli, frutti cilindrici ovali con maturazione molto lenta. Sia da olio che da tavola. Portata a Taggia dai Benedettini, dal VII sec. in avanti, quando venne introdotta a Genova prese il nome locale di Lavagnina.

Merlina: tipica del territorio fra Imperia e Savona.

Colombaia: tipica di del territorio fra Savona e Genova. E' un albero di grandezza media con una produzione non sempre abbondante.

Arnasca: tipica del comune di Arnasco (Savona). Ha chioma contenuta con rami semi-penduli, frutti piccoli e sferici saldamente attaccati al ramo. Da olio.

Negrera: se ne trovano degli esemplari solo nel genovesato, in particolare a Missano. E' indicato per le zone collinari in quanto resiste ai venti freddi di tramontana, inoltre ha una buona resa che si mantiene costante negli anni. Il frutto è grosso e ovale, e matura precocemente e simultaneamente. Da olio.

Pignola o pinola: tipica di Savona e Genova. E' un ulivo di dimensioni medie. Il frutto è piuttosto piccolo (che il nome sia dovuto a questo particolare?). Da olio.

Feglina: tipica della provincia di Savona. Ha chioma ampia e rami penduli similmente alla Taggiasca. I frutti sono piuttosto minuti e con un nocciolo di grandi dimensioni, quindi a seconda degli anni, la resa può essere piuttosto bassa. Da olio.

Finalina: tipica della provincia di Savona ma a volte è un sinonimo della Colombaia.

Murtina: tipica della provincia di Savona. Ha frutti piccoli e allungati; il nome viene dal Mirto, alle cui bacche sono equiparate le olive di questa cultivar.

Razzola: tipica di La Spezia ma identica alla varietà Frantoio della confinante Toscana. Ha chioma ampia, allargata, con abbondanti rami penduli. I frutti di grandezza media sono gibbosi da un lato, maturano tardi ed in maniera scalare. Da olio.

Ottobrina: tipica di Genova ma poco diffusa. Frutto allungato di media grandezza con maturazione precoce. Da olio.

Frantoio: originaria della Toscana, e per questo chiamata a volte Toscana, se ne trovano comunque molti alberi nel territorio ligure.

In generale nella provincia d'Imperia prevale la Taggiasca; a Savona si trova la stessa cultivar ma anche la Pignola, la Colombaia, la Mortina e varietà locali poco diffuse; Genova vede il predominio della Lavagnina o Taggiasca con un certo numero di cultivar locali; La Spezia ospita soprattutto Razzola ed alcuni altri Ulivi provenienti dalla Toscana.

Termini dialettali
Oliva è auriva, oriva, oìva, òia, uliveto è auriveu, olio è eio, oioö’iuoeurio  Ci sono anche termini specifici come bossa "talea d'Ulivo", ciocca "ramoscello d'Ulivo", ciucu "radice dell'ulivo", amurun "piccolo contenitore di terracotta per l'olio", camieta "lampada ad olio", dogliu "giara per l'olio", lamua, stagnàa "vaso per l'olio", tregliu "cisterna sotterranea per l'olio", rama d’ùia o ramauriva "ramo d'Ulivo" quello che tradizionalmente viene portato a benedire la Domenica delle Palme. Il frantoio è gumbo, defiziu, fetaia, franzou; giassu è la pietra su cui gira la mola del frantoio, pistagna è un vaso intrecciato in cui è posta la pasta d'olive denoccciolata a sgocciolare,  framegu è la sansa o comunque materiale di scarto dalla frangitura.

Olio e olive nella cucina ligure
L'olio si trova praticamente in tutti i piatti liguri, dalla focaccia al pesto: i frisceu oltre ad essere fritti nell'olio d'oliva possono essere arricchiti con qualche cucchiaiata di pasta d'olive spremute (si chiede ai frantoi); la farinata, sia bianca che gialla, può anch'essa essere aromatizzata con qualche cucchiaio di pasta d'olive;  il coniglio alla ligure prevede come ingrediente irrinunciabile le olive taggiasche, così come la buridda di stoccafisso, ecc.
Un olio particolare e poco conosciuto che si produceva un tempo in Liguria è il biancardo, l'olio ottenuto da spremitura a freddo di olive raccolte fra marzo e aprile, cioè molto mature; quest'olio ha colore giallo pallido, aroma tenue e sapore molto delicato, ma è anche impoverito rispetto agli extravergini autunno-invernali. Oggi è un'olio quasi scomparso, anche perché non tutte le annate presentano le condizioni climatiche adatte per produrlo.
Qui di seguito ho raccolto alcuni dei piatti più facili a base d'olive della tradizione ligure.

Capponadda: si ammolla una galletta del marinaio(1) in acqua con un cucchiaio di aceto. Si strizza e sbriciola e si dispone in un piatto, ricoprendola di olive verdi, capperi, fettine di musciame(2) e pezzetti di acciuga. Si condisce il tutto con olio, aceto e sale. Ricetta tipica di Genova.

Condijon: si strofina una galletta del marinaio con aglio, poi si ammorbidisce in acqua e aceto, si strizza e sbriciola in una terrina. Si aggiungono pomodori, cetrioli, peperoni ed insalata tagliati a tocchetti. Si condisce il tutto con abbondante olio, sale e aceto, sopra si spargono foglie di Basilico fresche, Origano, cipolline tagliate fini, fettine di musciame, pezzi di acciuga o capperi. Ricetta particolarmente diffusa a Genova e Imperia ma impiegata in tutta la Liguria.

Olive in tremello: si prendono delle olive nere in salamoia, le si sciacqua facendole asciugare bene, poi si pratica un incisione laterale su ogni frutto; dunque si mettono a macerare in olio aromatizzato con timo e pepe per una notte, a temperatura ambiente. Si può aggiustare di sale a piacere. Ricetta tipica di Portovenere.

Sardenaira o piscialandrea: è una sorta di pizza ligure o focaccia farcita tipica di Sanremo. Impastare qualche cucchiaio di farina con 30 g di lievito di birra sciolto in un bicchiere di latte tiepido, aggiungere un pizzico di sale e formare una palla che si lascerà lievitare per due ore. Trascorso questo tempo si aggiungano 450 g di farina, qualche cucchiaiata d'olio e acqua quanto basta per avere un impasto elastico ma non appiccicoso. Si lascia di nuovo lievitare finché non avrà raddoppiato il suo volume. Nel frattempo soffriggere in olio una piccola cipolla tritata, qualche foglia di basilico e pomodori pelati tagliuzzati; lasciar asciugare un po' e aggiungere 100 g di acciughe tritate e lasciarle sciogliere, quindi spegnere il fuoco ed assaggiare per, eventualmente, regolare di sale. Prendere la pasta lievitata e stenderla in una teglia oliata con un altezza di 1 cm circa, e cospargerla con il sugo, olive nere, origano, capperi e se piace due o tre spicchi d'aglio. Infornare per 45 minuti.
Note
(1) Tipiche gallette genovesi, così chiamate perché venivano portate sulle barche durante le uscite di più giorni e si mantenevano fragranti a lungo.
(2) Filetto di delfino salato e essiccato al sole e al vento di mare, oggi non si usa più ma può essere sostituito da altri pesci, tipo il tonno.

Utilità
La strada dell'olio in Liguria.
Olio D.O.P Riviera Ligure.
L'oliveto sperimentale di Imperia.
Museo La civiltà dell'olio - Frantoio Sommariva di Albenga.
Museo dell'olio e della civiltà contadina della Cooperativa olivicola di Arnasco.
Museo dell'Olivo di Oneglia.
Museo Etnografico della Val Varatella di Toirano (una delle sale è dedicata all'olio).
Altri musei etnografici che comprendono esposizioni sull'olivo e l'olio si trovano in molte località della Liguria.

Fonti
De villa perfecta - Un torchio oleario romano, M. A. De Paolis, L. Gervasini, T. Lungo, A. Minasi, Luna Editore, 1998
L'olio - Golosando tra Liguria Piemonte e Lombardia, D. Bini, Sagep, 2003
L'olivo in provincia di Genova, G. Fontanazza, Camera di Commercio di Genova, 1988
La cucina rustica regionale - vol. 1 Italia settentrionale, L. Carnacina e L. Veronelli, Rizzoli, 1979
Le autentiche ricette della cucina ligure, M. Bonino, Erga, 1989
Tecniche edili tradizionali, L. Marino e C. Pietramellara, Alinea Editrice, 1990
Valli Nervia e Roja, S. Maccioni e G. Marchini, Sagep, 1998
Vocabolario ligure storico bibliografico, S. Aprosio, Marco Sabatelli Editore, 2003
Coltura & Cultura - L'olivo in Liguria
L'oliveto sperimentale di Imperia
La storia dell'olivo in Liguria
Olea Database
Parco Naturale Portovenere - Villa Romana

Le foto sono state scattate a Noli (SV) nel novembre 2012 e a Savona nel novembre 2015. L'illustrazione di Milo Manara è stata realizzata per il Bistrot dell'Ulivo 2014 a Badalucco (IM) di Olio Roi.

Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citarne la fonte.

Vedi anche:
Ulivo
Storia dell'Ulivo
Illustrazioni botaniche d'Ulivo
Mitologia dell'Ulivo: Grecia I
Mitologia dell'Ulivo: Grecia II
Mitologia dell'Ulivo: Vicino Oriente  

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